lunedì 13 giugno 2016

Insonnia fatale familiare, ne soffrono 200 persone al mondo. Speranze di cura arrivano dalla ricerca, anche italiana

In questi giorni diverse testate nazionali riportano la storia – tratta dal The Independent e dalla tv australiana Nine News - dei “fratelli che non dormono mai” potenzialmente affetti da insonnia familiare fatale. I due ragazzi australiani in realtà, a dispetto dei titoli sensazionalistici, non hanno ancora sviluppato la malattia che non permette loro di addormentarsi ma non è detto che nel giro di poco tempo sviluppino i primi sintomi. In pochi sanno però che la patologia è stata scoperta in Italia da un medico trevigiano e nonostante non abbia ancora una valida cura la ricerca è tutt’altro che ferma.

L’insonnia fatale familiare è una malattia genetica rara appartenente al gruppo delle malattie prioniche. L’organo colpito, come per tutte quelle del gruppo, è il cervello che si “intasa” con accumuli di proteine. I sintomi sono devastanti: sudorazione continua, tremori, disturbi comportamentali, decadimento cognitivo, inarrestabile dimagrimento e, sintomo principe, l’impossibilità a prendere sonno. A soffrirne sono circa 200 persone al mondo, 5 le famiglie colpite in Italia dal disturbo. Generalmente la patologia compare intorno ai 50 anni e il decorso non lascia scampo: l’aspettativa di vita varia dai 6 mesi ai 2 anni dalla comparsa dei sintomi.
Anche se la malattia è stata descritta su una rivista scientifica – il New England Journal of Medicine - a metà degli anni ’80, le prime osservazioni dirette dei sintomi sono state descritte a partire dal 1970. I primi referti che descrivono la misteriosa patologia sono a firma di Ignazio Roiter, medico dell’ Azienda ULSS 9 - Ospedale Ca' Foncello di Treviso. Osservando la morte di diverse persone all’interno della stessa famiglia il medico veneto cominciò lo studio a ritroso dell’albero genealogico familiare. Analizzando i registri di battesimo e morte riuscì a ricostruire sommariamente il tipo di ereditarietà. Oggi, grazie alle analisi genetiche, si è riusciti a stabilire che in tutti i casi di malattia è presente una mutazione genetica a livello del cromosoma 20. Attenzione però ad interpretare il risultato: possedere la mutazione non equivale a sviluppare necessariamente l’insonnia familiare fatale.
Cure, al momento, purtroppo non ce ne sono. Buone speranze giungono però dalla ricerca. Diversi studi hanno dimostrato che nelle malattie prioniche (l’insonnia familiare è una di queste, così come il morbo di Creutzfeldt-Jakob) l’utilizzo delle tetracicline – una categoria di antibiotici - potrebbe migliorare i sintomi del disturbo. Recenti analisi effettuate in animali da laboratorio hanno infatti dimostrato che queste molecole agiscono impedendo l’accumulo a livello cerebrale delle proteine prioniche tipiche di queste malattie. Partendo da questa osservazione sono ora in fase di sperimentazione 4 studi clinici (uno anche in Italia in provincia di Treviso) nell’uomo. Obbiettivo di questi trials è valutare la somministrazione di questi antibiotici in tutte quelle persone –come il caso dei fratelli australiani - portatrici dalla mutazione che potrebbero sviluppare la malattia. Non una cura ma una sorta di “profilassi” per ritardare il più possibile i sintomi dovuti all’accumulo della proteina prionica.